The sweetest word

The sweetest word

  • di Redazione
  • 10 Maggio 2019
  • La collana di perle di Giulia

Una profonda perla di Giulia Muntoni scalda il nostro venerdì

Spesso, nel corso dei miei impegni, mi capita di dimenticare fatti svoltisi anche pochi giorni prima. Del resto, il ritmo quotidiano è frenetico e la vita va veloce. Non ho dubbi, però, su cosa sia accaduto esattamente otto anni fa. Il 9 maggio 2011 non sarà mai più una data qualunque perché è l’ultimo giorno in cui ho visto mio padre vivo. Eravamo stati al Poetto il giorno precedente, le nostre ultime foto insieme. Lui era stanco e sofferente ma non si è lamentato, come mai faceva del resto. L’uomo dai capelli di seta aveva sempre una grazia pacata nei gesti e nelle parole. Nobiltà nell’animo e nei comportamenti. La persona più onesta che io abbia mai conosciuto. Riservato, troppo riservato, purtroppo. Vorrei aver saputo alleviare il peso che visibilmente lo gravava. Pensieri che lo preoccupavano e che ha tenuto dentro, fino alla fine. Quanto "non detto" si è portato via. Eppure, io e lui abbiamo sempre trovato il modo di comunicare. "Noi e papà" come dicevo io. La dolcezza nel suo sguardo mi accompagnava ovunque andassi e il suo amore era palese, poco appariscente, molto intenso.

Quanto mi piacerebbe fargli da Cicerone nei miei ultimi otto anni, anni pregni di eventi, soprattutto difficili da superare. Ma che mi hanno insegnato quasi tutto quello che credo di sapere oggi. Eppure, pensare a tempi in cui potevo non aver ancora lottato contro un tumore o pianto un padre, mi riempie di umiltà e di orgoglio allo stesso tempo: perché è troppo facile, a volte, dimenticare la strada fatta, dare per scontati i propri progressi, ignorare le vite che posso aver toccato anche prima di salvare la mia. E invece tutto è importante, necessario, vitale per renderci quelli che siamo. Non solo le parti eclatanti del nostro percorso, quelle di cui siamo più consapevoli e orgogliosi. Rivedo la Giulia che lui ha conosciuto, così indietro secondo me rispetto a dove sono oggi. Eppure, non sarei qui senza di lei. E mentre mi scopro a constatare come la fitta di dolore profondo per la mancanza di mio padre non si sia mai sopita, estendo il moto di amore puro con cui io penso anche a me stessa. Perché faccio un affronto anche alla sua memoria ogni volta che mi dimentico di me. Non me l’ha forse insegnata lui, l’importanza di essere presente a me stessa?

Forse davvero tutto capita per un motivo e le ragioni della morte mi sono semplicemente oscure quanto quelle della vita. Forse niente è andato perduto, neanche le ceneri che, seguendo il suo volere, abbiamo sparso in mare. Forse l’unica vera insanabile pazzia sarebbe quella di continuare a ricordare i nostri morti senza fermarci a celebrare noi stessi in quanto vivi. Certo è che il mondo ha perso tanto, il 13 maggio del 2011. Ed io purtroppo ho perso per sempre il motivo per pronunciare una delle parole più dolci del mio vocabolario.