The rest of our lives

The rest of our lives

  • di Redazione
  • 3 Agosto 2018
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna l’appuntamento del venerdì con la rubrica "La collana di perle di Giulia"

Ho detto più volte che considero il cancro come un inevitabile spartiacque: per tutti coloro le cui vite vengono toccate, c’è sempre un "prima" e un "dopo".  Diventiamo "sorelle", guerriere", acquistiamo nuovi "status", varie qualità, impariamo sulla nostra pelle. Nei casi più felici, le lezioni apprese cambiano la direzione stessa delle nostre vele. Ma che sia chiara una cosa: eravamo qualcos’altro prima e lo rimaniamo dopo. Qualcosa di unico, personale, distinto che non necessariamente ha a che vedere col tumore. Ultimamente mi sono chiesta se il mio "parlarne tranquillamente, senza problemi" appena conosco una persona nuova non sia un po’ un mettere le mani avanti, per essere capita all’istante se sono stanca, se voglio far presente quanto io detesti la superficialità. Divento subito l’orgogliosa sopravvissuta. Parlo delle mie cicatrici come se fossero le perle della mia collana, la mia preferita. Ma, anche quando mostriamo di possedere una forza che già ci apparteneva o una saggezza che probabilmente custodivamo da sempre, siamo poi così sicuri di ricordarci che il cancro non è stato l’unico evento degno di nota della nostra vita? Uno cruciale, certo, che di fatto ha cambiato il mondo come lo conoscevamo. Ma pur sempre un "passaggio" del percorso. Forse perché faccio così tanta fatica a ritrovare l’equilibrio che pensavo di avere incollato addosso nel dopo guarigione, in questo momento ho un’esigenza sempre maggiore di riscoprirmi e di farmi scoprire dagli altri. E, seppure abbia ancora molta strada da fare, inizio ad intuire che forse non c'è niente da "ritrovare", ma solo mille nuove realtà da accettare come parte della me che sono ora.