Gratitude

  • di Redazione
  • 19 Aprile 2019
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna il consueto e imperdibile appuntamento del venerdì con la rubrica "La Collana di Perle di Giulia" curata da Giulia Muntoni

Ho avuto l’immensa fortuna di crescere in un paradiso di mare, con una vita felice scandita dal ritmo delle stagioni, quando ancora esistevano le stagioni. Ricordo chiaramente la sensazione di essere stata benedetta ogni volta che passavo in una via Milano incorniciata dal viola dei fiori di jakaranda, o mentre respiravo il profumo dell’aria vicino al mare, un misto di salsedine ed eucalipti. 

Allora felicità erano le prime uscite senza il maglione e la luce delle giornate sempre più lunghe, agli inizi della primavera. 

Per quanto mi riguarda, le cose non sono cambiate. Amo questo periodo dell'anno più di ogni altro, nonostante nel frattempo io sia vissuta e viva altrove, spesso sottoposta ad anni di un lungo inverno.

Eppure, intorno a me, molto è cambiato. Il clima non ha più caratteristiche che si leghino a un periodo preciso. Fa freddo, poi fa caldo, poi può piovere a dirotto, tutto nel giro di poche ore, fino a sfinire i nostri sensi. Sopportare gli sbalzi climatici è diventata una sorta di prova di sopravvivenza e noi non siamo che spettatori, costretti a testare la propria resilienza, mentre aspettiamo che una temperatura più mite torni a semplificarci la vita.

Con la gratitudine, credo capiti la stessa cosa. Ci sono periodi in cui ci sembra di vivere immersi in un profondo senso di riconoscenza ed altri privi di un singolo sorriso. Per quelle come me, c’è stato persino un tempo, durante e subito dopo la malattia, in cui abbiamo imparato a ringraziare per il fatto stesso di esistere e respirare e guardare il cielo e ridere e vagare senza meta. Abbiamo giurato su noi stesse, allora, che mai più ci saremo potute scordare della magnificenza di quella sensazione.

Ma la verità è che anche la gratitudine richiede allenamento. E se non praticata costantemente, si rischia di disabituarsi a provarla.  A me, nonostante gli sforzi, questo capita continuamente. Ed ogni volta che me ne rendo conto, tendo a giudicarmi. Mi chiedo come possa io vivere intere giornate senza trovare un briciolo di grazia in me stessa o negli altri, interi periodi in cui mi arrogo il diritto di dare per scontate le piccole cose buone che danno sostanza alla mia vita. 

Però credo anche che provare frustrazione o arrabbiarmi contro la mia ingratitudine serva forse quanto servirebbe inveire contro la pioggia. Anche se sono io, in questo caso, a non permettere alla luce di mitigare certi inverni.  Perché sia l'uomo che la natura sono sempre stati e sempre saranno regolati da una ciclicità che sta alla base della vita stessa. E questa non è una cosa che si presta ad essere giudicata. Si può, se mai, comprenderla e accettarla. E quando ci si riesca, non è forse già questo un motivo sufficiente per essere più grati?